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Ieri sera, a partire dalle ore 22, la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo di Torino, in collaborazione con La Stampa e SkyTg24, ha allestito una vera e propria newsroom in collegamento con gli Usa, per seguire in diretta lo spoglio dei voti per l’elezione del presidente. L’evento, legato alla mostra “For President” allestita presso la Fondazione, è stato un bellissimo esperimento partecipativo che ha coinvolto oltre mille persone, tra giornalisti, appassionati di politica e semplici curiosi. Si è andati avanti fino alle 3 del mattino, per l’ultimo exit poll prima del saluto finale di Mario Calabresi che, vista l’ora e la prospettata lunga attesa per l’esito definitivo, ha deciso di non protrarre oltre il “veglione elettorale”.

Il successo dell’operazione, indipendentemente dall’esito del voto, sta nell’aspetto social dell’evento. In questo caso pensiamo alla parola social nell’accezione originale, legata alle relazioni personali tra gli individui, e nell’accezione più moderna, legata alle condivisioni di contenuti sui social network. Le elezioni Usa del 2012 sono state l’evento più social di sempre, con un’immensa mole di messaggi (Twitter pare essere stato il social network più usato, a confermare una tendenza già riscontrata in altri casi simili) condivisi dagli utenti in rete. Al traino di questo importante aspetto delle elezioni, l’evento di ieri sera a Torino ha favorito la partecipazione dei cittadini alla politica?

Va sottolineato che i tweet non sembrano aver acceso una vera discussione intorno agli argomenti della campagna elettorale (sarebbe stato un po’ complicato e dispersivo) ma sicuramente hanno posto le basi perché questo possa accadere in altre sedi. Hanno stuzzicato l’attenzione verso gli eventi politici. Tolto l’aspetto goliardico di #ForPresident, nel quale in molti hanno vissuto i dati sullo spoglio come fosse – in senso  buono – una partita di calcio, attenti al risultato (come chi scrive, ad esempio), è stata positiva l’alta presenza di giovani più interessati alle parole di Calabresi e agli inviati negli Usa, quindi al voto, che al buffet a base di hambruger, birra e patatine. Per quanto sia stato sicuramente molto apprezzato.

Ecco qui una buona rappresentazione grafica dell’evento su Twitter aggiornata alle 17.15 di oggi, creata grazie a TweetArchivist.com »

Un bisogno di condivisione politica senza toni pesanti, urlati, e all’interno di un ambiente molto più rilassato del Parlamento o dei talk show, ma non per questo superficiale, forse c’è. Sarebbe interessante ripetere lo stesso esperimento con le elezioni in casa nostra, per vedere se la condivisione, le relazioni interpersonali e la partecipazione riescano a stimolare un confronto diretto senza sfociare nel tifo da stadio. Il rischio è che, essendo le nostre elezioni sentite “da dentro”, ci si lasci trasportare dal fervore e si trasformi una newsroom come quella di ieri sera in un ring. Le elezioni americane sono un evento esterno che non accende i nostri animi come quelle italiane.

#ForPresident è stato come assistere a uno spettacolo, ma grazie ai social network si è riusciti a farne parte. È questa la novità. Fare lo stesso tentativo in Italia è quasi necessario, ricordando però i dovuti distinguo tra la discussione politica italiana e quella americana. Con, inoltre, la differenza fondamentale che ieri sera e stanotte i protagonisti sono stati i cittadini “twittatori”, e non i politici. Possiamo azzardare che l’aspetto social di un evento politico sia una possibile strada per stimolare la partecipazione dei cittadini. Il tempo ci dirà quanto le due cose siano collegate. Ci riproviamo?

Una risposta a "Alcune considerazioni su #ForPresident e le elezioni Usa"

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