banca_cipro1L’Unione Europea, dopo qualche tentennamento, ha deciso di intervenire per salvare l’economia del piccolo paese del Mediterraneo, più o meno come ha appena fatto con la Grecia. L’intervento però è di misura inferiore e comprende una manovra che non può che ricordare tempi bui e suggerire eventualità preoccupanti: il prelievo forzato dai conti correnti. In Italia accadde nel 1992, Governo Amato, a Cipro accade ora (prima volta nella storia dell’Euro) e dovrebbe permettere di recuperare circa 5,8 miliardi di euro, i quali, integrati dai fondi UE, completerebbero un piano da 10 miliardi per sostenere l’economia cipriota. In pratica, Cipro quasi si pagherebbe da sé.

I depositi inferiori ai 100mila euro saranno tassati al 6,75% mentre quelli superiori verseranno il 9,9%. All’annuncio di questo provvedimento, i cittadini ciprioti sono corsi a chiudere i propri conti in banca, prelevando tutto il prelevabile, fino al blocco degli sportelli che resteranno chiusi fino a martedì per disposizione della banca centrale (lunedì era già prevista la chiusura per una festa religiosa). Nel dettagliato articolo scritto da Raffaele Ricciardi su la Repubblica viene tracciato un buon quadro della situazione. Bisogna prima di tutto considerare che Cipro è di fatto un paradiso fiscale, poiché dagli anni ’90 il tax rate per le imprese è stato fissato al 4%, attraendo moltissimi investimenti russi. Ora si teme una fuga di capitali per 4,5 miliardi di euro.

In realtà la crisi di Cipro dura già da un po’, e lo staterello aveva già chiesto – in ritardo – l’intervento dell’Europa l’anno scorso. Prima, guarda caso, aveva chiesto un prestito alla Russia. Le tre principali banche cipriote hanno investito ingenti capitali nel sistema finanziario greco (si parla di 23 miliardi di euro), che è crollato “contagiando” quello di Cipro. Il provvedimento straordinario che colpisce i conti correnti ha anche come ratio quella di colpire le società off-shore russe, che grazie alla tassazione favorevole hanno nell’isola parecchi capitali. Il sospetto è che la mafia russa utilizzi Cipro per riciclare denaro. Probabile che, a seguito di questa drastica misura, Nicosia riveda anche la propria condizione fiscale, inducendo i russi a spostare ancora la propria liquidità (verso Malta?). Russia che torna, quindi, in tema fiscale. Viene in mente quando, poco tempo fa, a Gerard Depardieu, in polemica con Hollande che voleva tassare i “super-ricchi” al 75%, fu concessa la cittadinanza russa per spostare a Mosca i suoi capitali ed essere tassato al 13%.

Tatticismi a parte, la preoccupazione principale, per noi italiani, riguarda il fatto che una situazione del genere si ripeta anche da noi. Come spiega Fabrizio Goria su Linkiesta, le condizioni non ci sono. L’intento dell’UE è quello di circoscrivere la crisi, evitando il collasso del sistema bancario cipriota e quindi il contagio ad altre nazioni, a costo di mettere in discussione la libera circolazione di capitali nella Comunità Europea (ora UE) e causare agitazioni sociali e rivolte nell’isola mediterranea. Il parlamento di Nicosia doveva approvare oggi il piano di prelievo straordinario, ma a causa delle rivolte ha rimandato tutto a domani, nel frattempo i conti correnti resteranno congelati fino a martedì. Probabile che Cipro sia un test, naturalmente nel caso in cui il Parlamento riesca ad approvare il tutto, per dare allo stesso tempo un sostegno economico alle banche e un duro colpo alle società russe off-shore. A rimetterci, purtroppo, anche i cittadini ciprioti che hanno un normalissimo conto corrente.

2 risposte a "Cosa succede a Cipro?"

  1. Pazzesco…per gli investimenti sbagliati delle banche, pagano coloro che i soldi, spesso, sono costretti dalle leggi ad aprirsi un conto corrente e a depositare i soldi in banca! Non c’è attuazione migliore del buon vecchio “fare i finocchi col culo degli altri”. E di salvataggi di banche ne abbiamo esempi recenti anche noi, è un sosta totalmente folle e senza chiarezza di responsabilità.

    • Purtroppo succede spesso così, le banche investono male, o comunque subiscono un danno, e per evitare che falliscano (dato che l’intero sistema economico si basa su di esse) tocca al popolo sborsare – ancora – soldi. Un sistema del genere però è destinato a evolversi o collassare.

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