zoroLa trasmissione di Diego Bianchi, alias Zoro, in onda la domenica sera su Rai Tre intorno alla mezzanotte, Gazebo, è un esempio che può avvicinarsi all’idea di social tv. In questo caso il format nasce addirittura dal web, poiché rappresenta un’evoluzione del video blog Tolleranza Zoro. Secondo la definizione debole di social tv, è possibile creare un’interazione tra il programma televisivo e i social media in tempo reale, per far sì che i commenti e i contenuti pubblicati online (su canali precisi) influenzino direttamente il programma tv. In questo caso, Gazebo non raggiunge questo traguardo, che al momento sembra a dir poco un’utopia, ma ci si avvicina come mai finora in Italia.

L’integrazione con Twitter è la vera chicca del programma. Gazebo sceglie di guidare l’immensa mole di tweet sia attraverso una copertura settimanale che accompagna alla puntata domenicale (e così anche un cambiamento di orario improvviso non coglie impreparato il pubblico) ma anche tramite la creazione di hashtag del momento all’interno della trasmissione stessa, alcuni dei quali diventano dei veri e propri tormentoni (#papanovopapanovopapanovo o l’ultimo #tutum). Anche se, chiaramente, l’hashtag principale, che veicola tutte le comunicazioni, è sempre #gazebo. E non solo, i contenuti trattati all’interno della trasmissione, compresi alcuni ospiti, arrivano proprio da Twitter.

L’operazione interessante alla quale assistiamo per tutta la durata della trasmissione è poi uno sdoppiamento di Zoro, che compare nel video racconto della settimana (identico, nello stile, a quello già conosciuto dai suoi fan) riprodotto da uno schermo che lui stesso interrompe e fa ripartire, dettando i tempi della puntata. La telecamera rivolta verso l’operatore (Zoro), che sta all’interno della scena mostrata, diventa uno sguardo sul “dietro le quinte” dell’informazione, mostrando che cosa c’è dietro la comunicazione giornalistica che vediamo sui giornali o in televisione. Molto interessante, soprattutto per chi svolge questo mestiere o ha interesse a capirlo.

Gazebo si rivolge principalmente al pubblico di Twitter, ne utilizza il linguaggio (ad esempio con gli hashtag in sovraimpressione) e lo cita spesso, la top ten dei migliori (peggiori) tweet dei politici (o personaggi pubblici simili) della settimana è un omaggio all’ironia degli utenti di questo medium. Twitter si evolve in una trasmissione televisiva che parla di politica e informazione da un punto di vista diverso dalla solita tv, Gazebo è apprezzato anche perché per gli utenti è come rivedere ciò di cui hanno twittato per tutta la settimana. Il format funziona perché in parte replica l’attività compiuta dagli utenti del social network. Assistiamo, finalmente, a un passo avanti nel linguaggio televisivo. Una maggiore integrazione dei social che avevamo già assaporato in alcuni programmi, prima in maniera grossolana come a Presa Diretta, poi in maniera più accurata, ma ancora slegata dai contenuti, ad Agorà Rai.

Il racconto giornalistico di Zoro è diverso da quanto si vede solitamente in televisione (non per niente nasce dal web) e da alcuni è stato accostato al celebre gonzo journalism creato da Hunter S. Thompson. Forse perché il punto di vista è dichiaratamente soggettivo e la cronaca è condita da opinioni e impressioni, ma nonostante questo riesce ad appassionare e non suona mai faziosa. Con il tempo potremo verificare se questa somiglianza nasconde qualche affinità maggiore, per adesso Gazebo rappresenta una ventata di novità nel panorama televisivo attuale, che in questa situazione politica rischia di esasperare il pubblico a colpi di talk show.

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