Antico cruccio del mondo di Internet è riuscire a muoversi in maniera anonima all’interno di un sistema nel quale ogni nostra informazione è tracciata. La soluzione più valida al momento (o forse la più utilizzata) è Tor, il browser di cui abbiamo spiegato il funzionamento qui e che consente di ottenere l’anonimato tramite un espediente che riesce a nascondere al server di arrivo il nostro indirizzo Ip.

o-firefox-fork-to-create-online-anonymity-tor-browser-goodbye-torbuttonIl problema di Tor, nato come strumento per garantire la privacy, è il fatto di poter accedere, utilizzandolo, a un universo di siti web nascosti (il deep web, o meglio cypher web) che normalmente non sarebbero nemmeno visibili a un browser normale. Tra questi, ne esistono molti fuorilegge: portali per la pedopornografia o marketplace per vendere articoli illegali. Il più noto è Silk Road, piattaforma che consente l’acquisto online di droga e armi attraverso i bitcoin (moneta elettronica), per poi farsi recapitare tutto comodamente a casa. La settimana scorsa, a San Francisco (Usa), è stato arrestato il fondatore di Silk Road, Ross William Ulbricht, e gli sono stati sequestrati 3,6 miliardi di dollari in bitcoin. Oggi altri quattro arresti in Gran Bretagna hanno colpito duramente l’organizzazione di Silk Road, che è stato chiuso dall’Fbi. Nel mondo del deep web, quindi, anche le autorità iniziano a muoversi, seppure in ritardo rispetto ad Anonymous che qualche tempo fa ha attaccato alcuni siti di pedopornografia. Nel frattempo, abbiamo cercato di utilizzare Tor per andare a verificare la chiusura di Silk Road, ma non siamo nemmeno riusciti ad avviarlo causa problemi di connessione non meglio precisati.

Nell’articolo del Guardian c’è però un passaggio più importante di altri, che chiarisce bene l’importanza della questione. Ecco le parole di Keith Bristow, direttore generale dell’NCA, il nuovo organismo investigativo britannico creato per indagare su crimini di questo genere: «Questi arresti mandano un messaggio chiaro ai criminali: il web nascosto non è nascosto, e l’attività anonima non è anonima. Noi sappiamo dove sei, cosa stai facendo e possiamo prenderti». Questo cambia alcune cose, soprattutto per chi credeva di essere al sicuro utilizzando Tor. Un mese fa ne ha parlato anche Punto Informatico: l’antidoto al veleno viene dal veleno stesso, ed ecco un software in grado di ripercorrere le strade di Tor per rintracciare la fonte originale, chiamato Tor Path Simulator. Ma sulla stessa filosofia è possibile produrre anche altri applicativi. In ogni caso, più si protrae “l’ascolto” del canale, più è facile risalire all’indirizzo Ip di un utente che utilizza Tor con margini di errore accettabili.

Si aggiunge un altro capitolo alla battaglia per l’anonimato in rete che, va ricordato, è un giano bifronte: da un lato salvaguarda la privacy degli utenti (alla faccia di Prism e della Nsa), dall’altro diventa rifugio sicuro per i crimini (pedopornografia, spaccio di droga e vendita di armi). Questi due aspetti, almeno per ora, sono inscindibili.

Cover: vitadiunateen.blogspot.com
Foto: zladiax.co.uk

3 risposte a "Cade Silk Road, e forse anche il mito dell’anonimato in rete"

  1. Giusto far sapere queste cose. Il fatto è che alla maggior parte della gente, per ignoranza o per disinteresse, non frega nulla della privacy: altrimenti si porrebbero il problema in che misura fornire le proprie informazioni quotidiane ad un social network proprietario, per esempio. E’ giusto far sapere della doppia faccia dell’anonimato, con il dubbio di fondo: coloro, istituzioni o rappresentanti che avvertono che l’attività anonima non è anonima, potrebbero avere molto più a cuore l’interesse di intimorire quelli che non pensano minimamente di utilizzarlo in attività illegali. Finchè milioni di utenti restano sul web “visibile”, sono più facilmente controllabili, ora che sono riusciti nell’intento di rendere accattivante il tracking (app, social etc.)

  2. Giusto far sapere queste cose. Il fatto è che alla maggior parte della gente, per ignoranza o per disinteresse, non frega nulla della privacy: altrimenti si porrebbero il problema in che misura fornire le proprie informazioni quotidiane ad un social network proprietario, per esempio. E’ giusto far sapere della doppia faccia dell’anonimato, con il dubbio di fondo: coloro, istituzioni o rappresentanti che avvertono che l’attività anonima non è anonima, potrebbero avere molto più a cuore l’interesse di intimorire quelli che non pensano minimamente di utilizzarlo in attività illegali. Finchè milioni di utenti restano sul web “visibile”, sono più facilmente controllabili, ora che sono riusciti nell’intento di rendere accattivante il tracking (app, social etc.)

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