Parlando di ufficio stampa 2.0 facciamo naturalmente una forzatura, dato che, nei fatti, esso non esiste. E non esiste nella misura in cui non esiste nemmeno l’ufficio stampa 1.0. La definizione ci serve invece per descrivere una mentalità che sta soppiantando un vecchio modo di svolgere questo lavoro e che intercetta, prima dei giornali, il cambiamento che sta avvenendo nel mondo dell’informazione.
L’ufficio stampa e i giornali.
Oggi la disintermediazione – cioè la raccolta di notizie da parte del singolo utente, che avviene idealmente senza intermediari – è una regola fondante del mondo di Internet, al quale tutti hanno accesso. A questo punto, gli uffici stampa possono potenzialmente raggiungere il pubblico di riferimento senza passare attraverso i giornali. Questi ultimi, infatti, sono cercati dagli uffici stampa spesso non per la qualità dell’informazione che producono, quanto per l’autorevolezza di una testata. In molti casi, l’ufficio stampa ben organizzato può contare su un pubblico maggiore – o comunque più attivo – di un giornale mediocre. La questione del pubblico di un ufficio stampa è molto interessante, ma sarà trattata in un altro post per motivi di spazio.
La velocità e la scarsa accuratezza con cui i giornali trattano notizie “di servizio” (come la segnalazione di un evento) avvantaggiano gli uffici stampa: contando, infatti, sul frequente copia/incolla dei giornali, è possibile produrre contenuti già pronti per la pubblicazione. In questo modo, il lavoro del giornalista si semplifica, poiché lavora sempre meno i contenuti che riceve, impiegando meno tempo per pubblicare le stesse cose; dall’altro lato, però, l’ufficio stampa ottiene più facilmente la pubblicazione di ciò che desidera nella maniera in cui lo desidera.
Le competenze.
Per realizzare un’operazione del genere, mentre i giornalisti si “alleggeriscono” (non è proprio così, ma ne parleremo), agli uffici stampa sarà richiesto un lavoro sempre maggiore e sempre più approfondito. Il giornale può ignorare – anche se non dovrebbe farlo – l’utilizzo di diversi mezzi di comunicazione, l’ufficio stampa invece deve conoscerli tutti, e magari padroneggiarli. In un certo senso, chi si sta ponendo il problema di raggiungere il pubblico in ogni modo, in questo momento storico, è proprio l’ufficio stampa, molto di più del giornale. Le motivazioni sono molteplici e non basta un post per analizzarle, ma per capire come si stia evolvendo il sistema dell’informazione è opportuno andare a vedere come lavora – anzi, come cerca di lavorare – un ufficio stampa.
Ci sono almeno due aspetti che vanno sottolineati.
L’ufficio stampa corre sempre.
L’ufficio stampa è tendenzialmente precario, magari lavora a Partita IVA e deve “guadagnarsi” il rinnovo del contratto o dell’incarico, oltre a essere costantemente a caccia di nuovi clienti. È, perciò, alla costante ricerca di un pubblico più ampio o più attivo. Chi svolge questo lavoro con un po’ di senno, solitamente cerca di guardare al futuro, provando a immaginare come si evolverà il mondo dell’informazione e studiando strategie per migliorare il proprio peso sui giornali. L’ufficio stampa intesse relazioni, amicizie di lavoro, anticipa i bisogni dei giornali e trova un compromesso con le richieste del proprio cliente. Si trova, insomma, tra l’incudine e il martello. Sempre. È anche uno dei settori solitamente “critici” in un’azienda, quello che tutti vorrebbero fare, che nessuno è in grado di fare e che di conseguenza tutti controllano scrupolosamente facendo a gara per trovare un errore, anche se non sono in grado di valutarne l’operato. Ma questo è un altro discorso.
«Come mai il New York Times non parla della nostra cena aziendale? Eh? Che ti pago a fare?»
«Abbiamo mandato un comunicato 20 minuti fa e ancora non ne parla nessuno, perché?»
Chi fa ufficio stampa è anche un giornalista.
Questa non è una regola, ma è una condizione abbastanza frequente per almeno due motivi: i giornali non pagano abbastanza e i giornalisti devono trovare altre fonti di sostentamento; l’Ordine dei Giornalisti ha, da almeno un decennio, “aperto” agli uffici stampa consentendo loro (obbligando?) l’iscrizione negli albi. C’è anche una Carta etica degli uffici stampa, approvata nel 2011. È frequente, anzi indispensabile, che l’ufficio stampa conosca il funzionamento dei giornali e che produca, di conseguenza, contenuti adatti a essi – quando non addirittura personalizzati. Se lavora o ha lavorato per qualche giornale è ancora meglio.
L’istinto di sopravvivenza porta, solitamente, a ingegnarsi, per questo è negli uffici stampa che si sperimentano nuovi modi di comunicare direttamente con il pubblico, quindi soddisfare il cliente. Questo, naturalmente, ammesso che l’azienda abbia intenzione di investire e “permettere” di percorrere strade nuove. Del resto, si sa, che ci va a mandare due comunicati?
Eccezioni.
Abbiamo parlato di uffici stampa “che corrono”. Ci sono anche quelli che non corrono – come in tutte le cose – e che non sperimentano un bel niente. Questo avviene per due motivi: lo hanno fatto più volte ma sono sempre stati bloccati dalle aziende che non ne volevano sapere di sperimentare, quindi si sono rotti le scatole; non hanno la minima intenzione di trovare nuovi modi di lavorare perché, tutto sommato, a loro va bene così. Ma se nel primo caso, in un certo senso, non si possono biasimare, del secondo caso preferiamo non parlare nemmeno, a noi interessa il futuro, non la polvere sui faldoni.
Copertina: glocal12.it