Mi sono candidato alle prossime elezioni sindacali della Stampa Subalpina, nella lista Insieme per la Subalpina, guidata da Stefano Tallia, segretario uscente. Si voterà il 29 (ore 10-19) e il 30 novembre (ore 9-14) in Piemonte, presso tutte le sedi provinciali. Maggiori informazioni si trovano qui. Io sono candidato tra i collaboratori, perciò, se siete interessati, potete dare il vostro voto alla lista e a me in quanto candidato al direttivo dei collaboratori.

Penso che, nel mio piccolo, possa dare una mano portando le mie idee, che spiego qui di seguito, vista la mia attività di collaboratore per i giornali e per gli uffici stampa. È proprio da questa condizione, oramai in larga parte diffusa in tutte le realtà giornalistiche nostrane, che vorrei partire.

Le richieste dei freelance.
Il rapporto tra giornali e freelance fa parte di una questione insoluta che è alla base delle diseguaglianze oggi presenti nel giornalismo italiano. Non è ben definito il rapporto tra i soggetti, naturalmente a scapito dei giornalisti, e sono quindi necessarie regole univoche. Penso che si debba superare il “vincolo” della contrattualizzazione, perché molti freelance lo sono per scelta e non è giusto che non possano essere tutelati solo perché liberi professionisti. Dobbiamo definire questo rapporto, parlandone soprattutto con i diretti interessati per raccogliere le loro necessità e avere un quadro chiaro della situazione, facendo attenzione a non promuovere leggi e normative che, al contrario, finiscano per rivelarsi controproducenti. Oggi i freelance, “volontari” o meno, producono la maggior parte dei contenuti pubblicati sui giornali, è impensabile che non vengano tenuti in considerazione solo perché non hanno un contratto. Inoltre, quasi tutti gli uffici stampa sono freelance, molti per scelta. Che diritti hanno?

Il web siamo noi.
Analizzare questa situazione porta anche a confrontarsi con un certo tipo di mentalità, che considera tutto ciò che è fuori dai giornali – sia esso prodotto da un freelance o pubblicato sul web – come “giornalismo di serie B”. Vuoi secondo criteri di qualità, vuoi secondo criteri di autorevolezza, per non parlare degli uffici stampa che non sono nemmeno considerati “vero giornalismo”, eppure necessitano di forti competenze giornalistiche per lavorare. Tornando ai giornali, web e carta sono la stessa cosa, anzi è sul web che bisogna puntare. Meglio ancora: la discussione sul web come “risorsa” è superata. Ci siamo già dentro e chi non se ne rende conto è bene che cambi mestiere. Non si può pensare di pagare meno o non pagare affatto il lavoro giornalistico pubblicato sul web, perché significa svilirlo, quando in realtà è sempre più importante. Non pagare il lavoro svolto per il web, poi, significa non sostenerlo, quindi impedirne la crescita: è anacronistico. Un grande gruppo editoriale che punta sul web deve cambiare approccio, non soltanto dal punto di vista sindacale, ma dal punto di vista editoriale. Se i giornali vogliono un futuro, devono abbandonare il modello tradizionale che vede ancora la carta al centro della strategia, e pensare al giornale come prodotto che va oltre il supporto sul quale viene pubblicato.

Entriamo nelle scuole.
Penso, poi, che ci debba essere una maggiore apertura dei giornali ai lettori. Noi giornalisti dovremmo andare nelle scuole a spiegare come si distingue una bufala da una notizia e perché non basta fermarsi al titolo di un articolo. Se il pubblico è sveglio, i giornali sono obbligati a svegliarsi, anche perché solitamente (e nella maggior parte dei casi, secondo me, sbagliano) sono i giornali che tendono ad adeguarsi al pubblico, non viceversa. Quindi i giornalisti devono smettere di trincerarsi nel proprio mondo autoreferenziale e tornare a confrontarsi con i lettori, spiegando loro come funziona un giornale e come si legge. È dalle scuole che bisogna ripartire, perché è lì che i ragazzi iniziano a confrontarsi con l’informazione, spetta a noi spiegare come maneggiarla, spetta a noi rispondere alle loro perplessità e – sì – farci mettere in difficoltà dalle loro domande. Il giornalismo deve entrare nelle scuole e educare il pubblico, senza limitarsi a dire al pubblico cosa deve pensare, ma fornendo gli strumenti per comprendere un articolo e riconoscere le manipolazioni.

Domenica e lunedì, quindi, troverete anche il mio nome nella lista Insieme per la Subalpina, spero che mi darete fiducia.

Paolo Morelli

Foto: cfeed.it

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